domenica 22 settembre 2013

GIOACCHINO CRIACO E IL POPOLO DEI BOSCHI-

da  “La Riviera”, domenica 30 giugno 2010 


                                     di Vincenzo Stranieri

Con Gioacchino Criaco, scrittore nato ad Africo (RC), la letteratura italiana ha inserito nel suo grembo un artista pregevole quanto inaspettato. “Anime nere”, romanzo d’esordio pubblicato da Rubbettino nel 2008, è divenuto, grazie al passaparola dei lettori, un caso letterario, facendo conoscere al grosso pubblico il popolo dei boschi, così Criaco ama definire i suoi pastori d’Aspromonte, che, con le loro gesta efferate, hanno, paradossalmente, contribuito alla conoscenza di un popolo ancora in fuga (Africo, paese aspromontano, a seguito dell’alluvione dell’ottobre 1951, è stato trasferito coattamente nelle lande desolate di un arido terreno adiacente capo Bruzzano, poco distante dal mare Ionio). Una diaspora che, per lo scrittore, sta alla base del demone delinquenziale che si è impadronito di un popolo per millenni abbarbicato sui crinali d’impervi costoni e che, per questo ed altro, stenta di darsi un’identità concreta.

“Caro Sisinio”, la lettera a Zito del 17 luglio 1994




di Enzo Stranieri
Non ho letto Eroi silenziosi di Angelo Jannone, Datanew, 2012, che narra i più importanti avvenimenti di cronaca italiana degli ultimi trent'anni. “La Riviera” di domenica 26 agosto u.s., p. 4, riferisce che Carlo Vulpio (vedi Corriere della Sera del 22 agosto 2012, pag.37) considera il volume in questione “un libro onesto”. Di certo è così. Ma spiace molto sapere che Jannone, nell’esercizio delle sue funzioni ( Ufficiale dell’Arma), per paura d’essere accusato di complicità geografica (è possibile dire così per chi vive e opera in Calabria?), pur convinto dell’innocenza del senatore socialista Sisinio Zito e di suo fratello Antonio, non seppe dire no, come lui stesso scrive, alla richiesta di sorveglianza speciale avanzata dalla Procura di Palmi per il fratello del senatore, pur certo che i due fossero estranei a ogni accusa. Il caso fa molto riflettere: un dolore incontenibile che ha radicalmente alterato la vita di due onesti cittadini. Ricordo che noi socialisti della Locride rimanemmo affranti, sconfortati, ma anche certi della completa innocenza dei nostri carissimi amici, nonché autorevoli compagni di partito. Ero affranto e arrabbiato, e ritenni giusto comunicare la mia vicinanza e il mio affetto a Sisinio e ad Antonio, scrivendo al primo, in data 17 luglio 1994, la lettera che segue:

Caro Sisinio,
il caso “giudiziario” che ha investito come un uragano te e Totò rivela aspetti più che kafkiani. Ne “Il processo” J.K. non conosce le ragioni del suo arresto. La forza coercitiva del Potere, alla fine, lo porterà a incolparsi di delitti mai commessi, a “morire come un cane”. 

venerdì 20 settembre 2013

L’antico dialetto dei paesi grecanici posti tra impervie montagne a metà strada tra Locri e Reggio Calabria . A Salvino Nucera (Chorìo di Roghudi, 1952) si deve un innovativo ampliamento degli orizzonti compositivi con un percorso che tenta di coniugare una lingua molto arcaica, dall'aspro e, talvolta, ristretto bagaglio lessicale con nuove esigenze espressive.



di  Vincenzo Stranieri
Ho letto con piacevole sorpresa, nonché con un certo ritardo, le poesie di Salvino Nucera pubblicate dall’editore Qualecultura- Jaca Book di Vibo Valentia (1999),  intitolate Chimàrri (Rivoli). Avevo già apprezzato l’animo lirico dell’autore  in  Chalònero (Sogno svanito), primo romanzo in assoluto della letteratura in lingua greca di Calabria, e nella raccolta di poesie Agapao na graspo (Amo scrivere). Come per le due opere citate, anche in Chimàrri, oltre  alla versione in dialetto grecanico, vi è a fronte quella in lingua italiana.

POETI CONTADINI/ PASTORI DELLA VALLATA LA VERDE NEL PRIMO CINQUANTENNIO DEL NOVECENTO



                                                di  Vincenzo Stranieri
Nel numero scorso abbiamo affrontato il tema della poesia popolare alla luce di un’interessante inchiesta giornalistica di “Vie Nuove” (anno IX, n, 1, 4 gennaio 1953, p. 12) a proposito di alcuni poeti contadini/pastori della vallata “La Verde”.

“La memoria antropologica” di Antonino Mazza, poeta, traduttore, editore, che emigra in Canada dalla Calabria nel 1961, e che ha studiato letteratura inglese, letteratura comparata e filologia romanza presso la Carleton University, l’Università di Toronto e la Scuola Normale Superiore di Pisa. Attualmente vive a Ottawa. La nostra casa è in un orecchio cosmico, primo impegno poetico di Antonino Mazza, è una testimonianza della crescente realtà intellettuale della comunità italo-canadese.



                                                         di Vincenzo Stranieri 
 La realtà dell’infanzia insegue l’emigrante storico in modo ossessivo; egli vive una doppia condizione psicologica: il passato, che per il fatto di trovarsi in una posizione non secondaria della mente, può essere definito tempo presente, è la realtà d’ogni giorno, che richiede fatica, sforzi d’integrazione non indifferenti.