venerdì 20 gennaio 2012

IL CIMITERO DI CARAFFA -S.AGATA E CASIGNANA ( 1924-1938)- FOTO INAUGURAZIONE DEL 4 NOVEMBRE 1938. CHI DI VOI RICONOSCE I PROTAGONISTI?

Inaugurazione  Cimitero -Foto del  4.11.1938- Sezione combattenti di S.Agata alla  Prima Guerra Mondiale-

La foto è stata scattata all’interno del nuovo cimitero in zona Faccioli, realizzato ad opera dei suddetti ex combattenti. E’ possibile riconoscere il podesta di Samo di Calabria, avv, Rocco Mezzatesta.
Come ci informa  l'Arciprete Domenico Battaglia ([Vicario foraneo, forania di Pugliano]in uno scritto del 15 aprile 1924, detto cimitero "è in costruzione, ed i lavori sono ora sospesi, che non è stato battezzato, nè vi è la croce nè è stata costruita la cappella; non vi è la parte separata per i bambini non battezzati e per i non cattolici". (1)
Il cimitero, quindi, è stato completato definitivamente nel novembre del 1938: ben 14 anni dopo il suo inizio!
Il terreno era di proprietà del barone Franco di S.Agata.


Come ci informa Francesco Misitano (La mia Calabria,..)” I Comuni di Caraffa, S. Agata, Casignana e Bianco non disponevano a quei tempi di propri cimiteri. Nelle loro chiese parrocchiali c’erano sì delle tombe scavate nel pavimento, ma queste, pochissime, erano riservate ai sacerdoti ed alle famiglie più illustri del paese. Il popolo portava i suoi morti alla fossa comune scavata nell’atrio del Convento del Crocefisso, dentro cui questi venivano calati avvolti in un lenzuolo. Per il trasporto si serviva del catalettu, una specie di barella.
Quando la fossa comune si riempiva, venivano da lontano due becchini che, come raccontava mia madre, [la madre di Misitano, Ndr] avevano il viso giallo come il limone.
Questi tiravano con carrucole le ossa e le seppellivano in un’altra fossa comune, 
che di volta in volta scavavano nella pianura antistante il convento. Fino a qualche tempo fa si potevano ancora vedere i crateri che si erano formati in queste fosse con l’assestamento del materiale riportato a copertura delle ossa. Quest’usanza di ricettare i cadaveri nella fossa comune del convento non fu nemmeno scalfita dall’editto napoleonico di Saint Cloud che, «emanato il 12 giugno 1804 ed esteso all’Italia il 5 settembre 1806, proibiva la sepoltura  fuori dei cimiteri suburbani […] Il Convento del Crocefisso[…] fu chiuso al culto divino [1908] e trasformato in cimitero, un cimitero monumentale per i paesi di Caraffa, S. Agata e Casignana. Bianco si era già provveduto di un proprio cimitero nel 1904, costruendolo alla periferia di Pardesca, una frazione del suo Comune. Le statue dei santi furono traslate a Bianco che ne rivendicava l’eredita sia come Comune fondatore del convento che come proprietario del terreno su cui questo sorgeva. Di queste statue sono da menzionare: Sant’Onofrio, che per penitenza si piagava il petto battendoselo con un sasso, Santa Floriana, un grande Bambino Gesù e la Madonna Immacolata. Su quest’ultima avanzava pretese la parrocchia di Caraffa, considerandola sua quota legittima per il contributo che a suo tempo il suo Comune aveva dato a quello di Bianco per la fondazione del convento. E nell’impossibilità di averla, perché Bianco non cedeva, c’era stato, poco prima che il monaco morisse, un tentativo di trafugamento della statua da parte di un gruppo di giovani caraffesi, di cui faceva parte anche mio padre, Carmelo Misitano, ed un suo cugino, Domenico Spanò. Secondo i piani, si doveva penetrare di notte nel convento da una finestra. Ma quando i giovani furono sotto i muri del convento, prevalse la proposta di uno di loro, di agire legalmente, e cioè di chiedere al monaco Jancu la cessione della statua. Ma quando questi fu interpellato, respinse energicamente la proposta e così il sogno dei caraffesi di avere la statua della Madonna Immacolata svanì nel nulla.
C’era poi un grande crocefisso che pendeva dall’arco dell’abside della cappella. Questo era stato appeso a quel posto in sostituzione dell’altro, più pregiato quello di D. Giovanni Evangelista da Reggio, che aveva dato poi il nome al convento, Convento del Crocefisso -, che si era bruciato nell’incendio del 25 settembre 1861, operato dalle squadre terroristiche del generale De Gori, comandate dal maggiore Rossi. Quando poi, dopo l’incendio, il convento fu riattivato, fu dipinta in nero sui gradini della balaustra l’immagine del crocefisso in fiamme, come se questo, cadendo, avesse lasciato di sé, sul pavimento, un’immagine indelebile a monito di ogni violenza.
Con la chiusura del convento, dato che la fossa comune era piena ed i becchini non venivano più a svuotarla, si fabbricarono tombe attigue e sovrapposte dappertutto al pian terreno di esso, a partire dalla cappella, fino al 1918, quando la spagnola – un’influenza epidemica che, «provenendo dalla Spagna, si diffuse rapidamente in tutto il mondo, provocando la morte di oltre 10 milioni di persone» -, incominciò a far stragi pure in questi paesi  (tra le vittime della Febbre spagnola ci fu anche la Ciccira, la prima amica del monaco Jancu), ed i morti erano tanti che il convento non li recepiva più, per cui i Comuni interessati dovettero ricorrere all’istituzione di un cimitero provvisorio in contrada Gnura Elena del Comune di Caraffa, che poi, terminata l’epidemia, fu abbandonato. Ma nei primi due anni degli anni Venti si tornò a seppellire i morti nel convento in attesa della costruzione, nell’ex-orto di esso, di un vero e proprio cimitero. Questo rimase in funzione fino al 4 novembre 1938, giorno in cui fu inaugurato il nuovo, ed attuale, cimitero, per i tre Comuni interessati, in contrada Faccioli, sopra l’abitato di Caraffa.”(2)


1 commento:

  1. Thank you for this most interesting article. I was told that my ancestors were buried in Crocefisso and your article gives me an understanding of what happened. So sad that there are no tombstones for the people from those times.

    RispondiElimina