mercoledì 13 ottobre 2010

Entroterra in agonia

PER SALVARE LE NUMEROSE ZONE INTERNE CALABRESI ORMAI IN AGONIA, BISOGNA NON PERDERE ALTRO TEMPO PREZIOSO

VI E’ IL RISCHIO CONCRETO CHE INTERE COMUNITA’ DELL’ENTROTERRA ABBANDONINO PER SEMPRE I LUOGHI D’ORIGINE

                                                                di Vincenzo Stranieri

Vivo da sempre in un piccolo comune della vallata La Verde (Locride). Credo di avere scelto una vita stanziale fin dall’infanzia, quando tutto appare vasto e privo d’incognite. L’adolescente, come è giusto che sia, pensa alla vita utilizzando i riferimenti più prossimi: la famiglia, gli amici, la scuola, i giochi, che rappresentano un mondo conchiuso, un bozzolo che attende di aprirsi al giorno che nasce.
Si era figli di contadini, negli anni ’60, pochi gli artigiani ed i professionisti. Le nostre madri, come pure nonni e zie, si presentavano ai nostri occhi come un unico blocco affettivo, simboleggiando le tradizioni e i riti della civiltà contadina: abiti neri indossati per la perdita di qualche familiare, donne davanti alle bocche dei forni comunali nell’atto di cuocere il pane prodotto con grano proprio, i dolci tradizionali, i giochi di un tempo e, soprattutto, la vita all’aria aperta, tra i vicoli stretti del paese, senza i pericoli dell’odierno traffico automobilistico. E’ vero, il mondo cambia, prosegue nel suo lungo cammino. Ma un adolescente non può capire che la vita è un viaggio, spesso accidentato, verso il cosiddetto mondo adulto: famelico e privo di scrupoli. E quindi anch’io non ero preparato a comprendere, crescendo, che la mia terra, la mia regione erano/ sono ancora sottosviluppate e che bisogna/va adoperarsi per mutare in meglio le cose.

martedì 5 ottobre 2010

CORRADO ALVARO (S. LUCA 1895- ROMA 1956)

Fu una piccola scossa di terremoto, che si sentì in un solo paese, un paese povero e quindi trascurabile. I giornali ne parlarono in tre righe, e non riferiscono che Procopio aveva perduto sotto le rovine della sua casa lo stipo che era il solo mobile da lui posseduto fin dal giorno delle nozze.

C. Alvaro, Piedi nudi, in  Il  meglio dei racconti di Corrado Alvaro, oscar Mondadori, Cles, 1990, pag.69)

E’ vero che le cose presenti non ci interessano più, ma i pensieri, gli affetti, i dolori di ieri, vengono avanti nella memoria come violenze e ingiustizie…brucio tutto ancora come le pietre che buttano nella notte le vampe del giorno estivo.

domenica 3 ottobre 2010

Maria Multari (A cantunera), Caraffa del Bianco..........


Maria Multari, (A cantunera) era figlia di un addetto alla manutenzione delle strade provinciali della vallata La Verde. Abitava in Via P. di Piemonte, in una casa piccola ma decorosa. Fu madre di ben sette figli maschi; una famiglia numerosa che i coniugi Alecci (lo sposo si chiamava Domenico Alecci, uomo buono e lavoratore onesto) hanno portato avanti con enormi sacrifici ma anche con gioia ed amore, mai facendo pesare ai loro figli le non poche difficoltà economiche cui bisognava adempiere.
A cantunera era una specie di chioccia. Noi bambini frequentavamo la sua casa tutti i giorni; giocavamo con i sui figliuoli più piccoli (Pietro, Mario e Aldo), specialmente e nucigli, cu piroci, a libera, cu gialoffu, u pallonica carrozza i lignu. Non perdeva mai la pazienza, quando avevamo fame ci dava il buon pane fatto nei forni a legna, ci trattava come dei figli, insomma.